La Roma si prende quasi il primo tempo… trema a cavallo dei due tempi, ma il Cagliari non sente l’odore del sangue dell’avversario in difficoltà e subisce il ritorno dei giallorossi.
Di Gilberto Marras
Ancora una volta un ingresso molle, contratto… Di Francesco per descrivere quel momento iniziale delle partite del Cagliari dice che “i suoi ragazzi devono sentire la fisicità e ci mettono un po’ di tempo…” non per giustificarli, ma per spronarli. Evidentemente il percorso di crescita è ancora lungo.
Sul piano tattico DiFra schiera un 3-5-2 solido per non lasciare soli Rog e Marin a contenere a centrocampo l’urto in transizione dei due velocissimi trequartisti della Roma, Mikitharian e Pedro. Il Cagliari perde evidentemente qualcosa in termini di organizzazione del pressing sulla difesa romanista in fase di impostazione e la difesa rossoblù non si alza sino al centrocampo per garantire la superiorità numerica a centrocampo.
Insomma, anche questa volta, il dicktat sembrava essere: intanto non prendiamole subito…
Invece, pronti via e la Roma trova il goal, dopo aver schiacciato il Cagliari nella sua tre quarti, a ridosso della difesa e paradossalmente sul ribaltamento dopo la prima vera azione articolata in avanti del Cagliari col duo Nandez – Zappa.
La Roma controlla con un palleggio veloce, fatto di due tocchi per realizzare un giro palla avvolgente che porta per tre volte gli uomini di Fonseca a un passo dal realizzare ancora il goal. Ci pensa ancora l’uomo ©Ragno, che con alcuni interventi prodigiosi, soprattutto sul diagonale violento di Pedro, impedisce il raddoppio alla Roma.
È una prima parte di gara con troppi errori tecnici, poche marcature preventive e poca lucidità. Poi anche la tegola dell’infortunio di Rog, che si spera non sia grave, toglie aggressività e possibilità di qualche accelerazione con palla al piede. Entra Oliva che ci mette tanto a trovare il ritmo…
Poi, sul finire del tempo, il Cagliari si desta e finalmente riesce a imbastire alcune ripartenze che portano il Cagliari a confezionare alcune palle goal quasi nitide, con Simeone e Marin, in quest’ultimo caso dopo una bella azione corale condotta sulla destra da Nandez con assist quasi confezionato di Zappa, se il rumeno non avesse sparato alto sulla traversa.
II secondo tempo si apre sulla stessa falsariga e, nonostante ancora troppi errori e poca lucidità, il Cagliari comincia ad arrivare prima su tutte le seconde palle e a costringere la Roma nella sua area o a ridosso della stessa con un palleggio che non è neanche più efficace come nel primo tempo. Il Cagliari colleziona 2 palle goal nitide con Simeone a un passo dalla marcatura e poi la magia di JP10 porta il Cagliari al pareggio.
La Roma sembra in balia dei rossoblù, il Cagliari ha ancora 2 palle goal: su tutte la traversa di Simeone, ma non riesce a finire l’avversario e su due errori difensivi incredibili di Lycogiannis prende 2 goal che avrebbero spezzato le gambe a tantissime squadre.
Si può parlare di sfortuna? No.
È una questione di episodi, ma gli episodi sono controllati dalla personalità e si piegano con la mentalità, quella su cui sta lavorando Di Fra.
Che di capacità tecnica e di grande volontà si possa certamente parlare è evidente quando si pensa alla ulteriore reazione del Cagliari, che riesce a portarsi con continuità ancora nell’area della Roma e trova il rigore con Joao Pedro… ma è troppo tardi.
Il Cagliari deve lavorare nel cercare le energie al suo interno.
Troppo spesso ha cercato negli ultimi anni un episodio per cambiare “l’andamento delle partite” e più in generale “il corso dei tempi”. Non deve commettere questo errore!
La vera frontiera è la capacità dei rossoblù di cercare il miglioramento continuo sul piano tecnico, la capacità di visione nel posizionamento in campo, la giocata che gli avversari non si aspettano, che crea superiorità numerica.
Per esempio, ogni volta che c’è il giro palla tra i difensori, questi sono in affanno, i centrocampisti spesso non offrono l’alternativa del passaggio libero o sicuro rispetto alle linee difensive degli avversari.
La differenza tra una squadra che guadagna terreno e difende o attacca di reparto e una che lancia il pallore in avanti quando è pressata è tutta qui: la prima trova nella mobilità di due uomini intorno al portatore di palla la possibilità di costruzione pulita di due alternative di scarico del pallone a favore dell’uomo che può a sua volta impostare il successivo passaggio, come un cambio di fronte o come un giro palla più articolato, ma in ogni caso senza perdere il controllo della situazione.
Per far questo serve forza fisica, certamente, ma soprattutto occorre visione e tranquillità e sicurezza dei propri mezzi.
Col controllo del pallone si trova poi lo spazio per la verticalizzazione, per la percussione laterale, dopo aver creato superiorità numerica in un frangente di gioco.
Bisogna lavorare sulla testa, perché è vero che il Cagliari sta crescendo sul piano dell’identità, ma occorre anche costruire le premesse per essere tranquilli in campo, senza avere l’assillo del risultato; pressione che in queste settimane è evidentemente in crescita.
Bisogna crederci.
Forza cuore rossoblù!